Gioie e dolori dell’architettura contemporanea

DiMagnus

Gioie e dolori dell’architettura contemporanea

Come succede anche nel mondo dell’arte moderna, il grande pubblico fa spesso fatica ad accettare i lavori degli architetti che si distaccano dalla classicità per abbracciare (in toto o in parte) le tendenze, i dettami e le regole della contemporaneità.

Perché non amiamo l’architettura moderna?

Il problema nasce da lontano: in Italia, è frutto di una serie di fattori che nell’insieme hanno contribuito a rendere le persone tendenzialmente diffidenti verso l’architettura contemporanea, quando non direttamente ostili.

A concorrere c’è stata la frettolosità, e quindi l’approssimazione, con cui si è proceduto a edificare subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando l’urgenza era dettata dalla necessità di trovare alloggi per gli sfollati. A questo periodo risalgono diverse costruzioni che non brillano per bellezza e che peccano di attenzione verso vincoli paesaggistici o storico-archeologici. Si tratta di ferite difficili da rimarginare anche solo dal punto di vista visivo.

Che dire di quegli architetti che hanno aderito negli anni del boom economico al movimento del brutalismo? Il cemento, certo, è un materiale economico e facile da lavorare, ma a chi piace affacciarsi alla finestra e sentirsi oppressi da intere facciate grigie?

I meriti della scena contemporanea

Anche l’occhio vuole la sua parte: lo hanno (per lo più) compreso gli architetti di oggi, che nel loro lavoro propongono edifici che sono vere e proprie opere artistiche al pari di quadri e statue.

Può non piacere, ma questo approccio “edonista” rappresenta quantomeno uno stacco deciso rispetto al passato, quando edifici e monumenti venivano pensati solo in funzione del loro uso, secondo l’approccio “quattro pareti con un tetto”.

Forse il senso estetico del grande pubblico non è ancora sviluppato così tanto da cogliere in pieno i meriti di edifici come lo Shard di Londra o le case cubiche di Piet Blom a Rotterdam, ma crediamo che siano stati fatti passi in avanti enormi rispetto ad autentici ecomostri come il terribile “Serpentone” di Corviale, o alle Vele di Scampia.

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